giocare e creare al camposcuola
Il gioco è una delle attività umane che come poche altre è in grado di generare piacere e soddisfazione. I bambini e i ragazzi fino alla pubertà fanno del gioco una delle loro attività principali: attraverso di esso trovano, pur senza cercarle in modo consapevole, soluzioni nuove di adattamento alla realtà che li circonda.
Si può affermare che il gioco è fondamentale per lo sviluppo di ogni bambino, in quanto gli dà la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali. Nel giocare si impara a essere creativi, a sperimentare le proprie capacità cognitive, a scoprire se stessi e ad entrare in relazione con i coetanei, ma anche con le figure adulte di riferimento. Al di là dei significati che le varie correnti pedagogiche e psicologiche gli attribuiscono, il gioco è un elemento centrale nella strutturazione della personalità del bambino. L’attività ludica è strettamente correlata alla produzione fantastica e diventa fondamentale per equilibrare la vita psichica dei soggetti in evoluzione. Il bambino ha cioè bisogno di interiorizzare ciò che accade ogni giorno nella sua vita quotidiana per crescere ed imparare: la realtà spesso è complessa e portatrice di numerose piccole frustrazioni e paure, che, se ad un adulto sembrano normali, per un bambino costituiscono esperienze forti ed impegnative. La fantasia permette perciò al bambino di “trasformare” certe situazioni complesse, di renderle flessibili e manipolabili, di trovare soluzioni che poi possono essere trasferite nel mondo del reale. In altre parole l’immaginazione e con essa il gioco che la stimola è in grado di evocare situazioni felici e rassicuranti.
Oggi tutti i documenti internazionali, carte dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, trattati, dichiarazioni UNICEF e quant’altro affermano in modo forte il diritto al gioco di ogni bambino del mondo. Esso viene proclamato come bisogno prevalente e vitale per l’infanzia, motivato da esigenze di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale e basato sul riconoscimento della pienezza umana in ogni fase della vita. Non dimentichiamoci che il bambino fino agli inizi del secolo scorso non veniva neppure considerato come una persona completa con la sua piena dignità, era un uomo o una donna “a metà” fino al raggiungimento dell’età adulta.
A questo proposito è impossibile non fare una riflessione su quel numero ancora sempre troppo alto di bimbi e adolescenti ai quali questo sacrosanto diritto e con esso tanti altri, viene negato. A tutti quei bambini dei Paesi in via di sviluppo che trascorrono le loro giornate raggomitolati in qualche fabbrica e chinati sopra a qualche oggetto che per essere fabbricato ha bisogno delle loro piccole mani. Retorica? Crediamo di no: è solo la realtà.
In un clima giocoso il bambino e il preadolescente tirano fuori le loro potenzialità (Don Bosco diceva : “Nel gioco si conoscono i ragazzi”), liberano le loro passioni, costruiscono rapporti con i coetanei, imparano a stare con gli altri e assumono liberamente un ruolo di rispetto nei confronti del gruppo di cui fanno parte.
In modo particolare, nel mondo d’oggi, i bambini e i ragazzi corrono il rischio di non sapere più giocare in compagnia, in quanto le console, i videogames, la playstation e chi più ne ha più ne metta li portano a stare da soli per lunghe ore rapportandosi esclusivamente, o quasi, con le più svariate “intelligenze artificiali”. Più che mai quindi si ha l’esigenza di stimolare il gioco di gruppo che, ci teniamo a sottolineare, non è SOLO LO SPORT. Esso è molto di più.
Nella nostra idea di camposcuola non vogliamo, quindi, che il gioco sia solo “riempitivo” dei momenti vuoti della giornata. Esso è oggetto di un’attenta programmazione e organizzazione. Accanto al gioco organizzato saranno comunque sempre presenti momenti liberi, che sono molto graditi dai bambini e dai ragazzi.
Il gioco seriamente preparato richiede la presenza di un educatore e di un animatore attento, sensibile, intraprendente, dinamico, entusiasta e amico “su misura”, che si prenda prima di tutto cura dei ragazzi.
Ogni messaggio che passa attraverso l’attività ludica raggiunge i bambini e i ragazzi in modo più profondo, in quanto veicolato dall’esperienza sensibile. Pensiamo ad esempio ai valori che sono parte integrante della nostra fede in Cristo e che abbiamo con forza voluto inserire come centrali nel nostro progetto educativo: lealtà, generosità, onestà, spirito di sacrificio, impegno, accoglienza…. Servirebbe a ben poco parlarne e basta; sono tutti principi che per essere interiorizzati hanno bisogno di essere sperimentati e, in tal senso, il gioco è uno strumento elettivo.
Una vecchia cantilena recitava così: “Dire, fare, giocare….lettera, testamento o pugno sotto il mento…” Il camposcuola è davvero un luogo dove si dice, si parla, si ascolta, si gioca, ma è anche un’iniziativa nella quale SI FA, e il “FARE” si realizza attraverso i laboratori preparati e organizzati dai nostri animatori.
Si potrebbe quasi pensare che nell’era della tecnologia e dell’informatica tutte queste proposte risultino superate… ma ancor di più sia fuori luogo utilizzare gli stessi ragazzi per i servizi di buon andamento della casa (pulizie, cameriere, apparecchi/sparecchio, riordino). In realtà il “fare”, soprattutto se per rendersi utili, è un aspetto centrale per la vita della persona, tanto che molti giochi dei bambini richiamano i lavori e i servizi degli adulti.
Il lavoro manuale può essere accostato da molti punti di vista, ma da qualunque lato lo si voglia vedere esso ha però “una marcia in più” rispetto ad altre attività esclusivamente intellettuali .
Lavorare manualmente (non solo per i lavori di casa, ma anche inteso come lavoretti) significa progettare qualcosa, utilizzare il cervello e la fantasia, la creatività, la razionalità e cercare un metodo di realizzazione.
Lavorare manualmente significa anche sognare qualcosa come se fosse presente (vorrei una cornice, una sedia, un porta CD….e la vorrei in un certo modo, proprio come piace a me…) e proiettare su quel qualcosa il proprio gusto e le proprie aspettative. Infine realizzare un lavoretto manuale implica investirsi della responsabilità dell’opera: le mie mani affondano nella materia in modo tale che il mio pensiero e la mia creatività prendano forma e ciò che realizzerò sarà il frutto delle mie capacità e del mio impegno.
Si può affermare che il gioco è fondamentale per lo sviluppo di ogni bambino, in quanto gli dà la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità intellettive, affettive e relazionali. Nel giocare si impara a essere creativi, a sperimentare le proprie capacità cognitive, a scoprire se stessi e ad entrare in relazione con i coetanei, ma anche con le figure adulte di riferimento. Al di là dei significati che le varie correnti pedagogiche e psicologiche gli attribuiscono, il gioco è un elemento centrale nella strutturazione della personalità del bambino. L’attività ludica è strettamente correlata alla produzione fantastica e diventa fondamentale per equilibrare la vita psichica dei soggetti in evoluzione. Il bambino ha cioè bisogno di interiorizzare ciò che accade ogni giorno nella sua vita quotidiana per crescere ed imparare: la realtà spesso è complessa e portatrice di numerose piccole frustrazioni e paure, che, se ad un adulto sembrano normali, per un bambino costituiscono esperienze forti ed impegnative. La fantasia permette perciò al bambino di “trasformare” certe situazioni complesse, di renderle flessibili e manipolabili, di trovare soluzioni che poi possono essere trasferite nel mondo del reale. In altre parole l’immaginazione e con essa il gioco che la stimola è in grado di evocare situazioni felici e rassicuranti.
Oggi tutti i documenti internazionali, carte dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, trattati, dichiarazioni UNICEF e quant’altro affermano in modo forte il diritto al gioco di ogni bambino del mondo. Esso viene proclamato come bisogno prevalente e vitale per l’infanzia, motivato da esigenze di ordine fisiologico, psichico, spirituale e sociale e basato sul riconoscimento della pienezza umana in ogni fase della vita. Non dimentichiamoci che il bambino fino agli inizi del secolo scorso non veniva neppure considerato come una persona completa con la sua piena dignità, era un uomo o una donna “a metà” fino al raggiungimento dell’età adulta.
A questo proposito è impossibile non fare una riflessione su quel numero ancora sempre troppo alto di bimbi e adolescenti ai quali questo sacrosanto diritto e con esso tanti altri, viene negato. A tutti quei bambini dei Paesi in via di sviluppo che trascorrono le loro giornate raggomitolati in qualche fabbrica e chinati sopra a qualche oggetto che per essere fabbricato ha bisogno delle loro piccole mani. Retorica? Crediamo di no: è solo la realtà.
In un clima giocoso il bambino e il preadolescente tirano fuori le loro potenzialità (Don Bosco diceva : “Nel gioco si conoscono i ragazzi”), liberano le loro passioni, costruiscono rapporti con i coetanei, imparano a stare con gli altri e assumono liberamente un ruolo di rispetto nei confronti del gruppo di cui fanno parte.
In modo particolare, nel mondo d’oggi, i bambini e i ragazzi corrono il rischio di non sapere più giocare in compagnia, in quanto le console, i videogames, la playstation e chi più ne ha più ne metta li portano a stare da soli per lunghe ore rapportandosi esclusivamente, o quasi, con le più svariate “intelligenze artificiali”. Più che mai quindi si ha l’esigenza di stimolare il gioco di gruppo che, ci teniamo a sottolineare, non è SOLO LO SPORT. Esso è molto di più.
Nella nostra idea di camposcuola non vogliamo, quindi, che il gioco sia solo “riempitivo” dei momenti vuoti della giornata. Esso è oggetto di un’attenta programmazione e organizzazione. Accanto al gioco organizzato saranno comunque sempre presenti momenti liberi, che sono molto graditi dai bambini e dai ragazzi.
Il gioco seriamente preparato richiede la presenza di un educatore e di un animatore attento, sensibile, intraprendente, dinamico, entusiasta e amico “su misura”, che si prenda prima di tutto cura dei ragazzi.
Ogni messaggio che passa attraverso l’attività ludica raggiunge i bambini e i ragazzi in modo più profondo, in quanto veicolato dall’esperienza sensibile. Pensiamo ad esempio ai valori che sono parte integrante della nostra fede in Cristo e che abbiamo con forza voluto inserire come centrali nel nostro progetto educativo: lealtà, generosità, onestà, spirito di sacrificio, impegno, accoglienza…. Servirebbe a ben poco parlarne e basta; sono tutti principi che per essere interiorizzati hanno bisogno di essere sperimentati e, in tal senso, il gioco è uno strumento elettivo.
Una vecchia cantilena recitava così: “Dire, fare, giocare….lettera, testamento o pugno sotto il mento…” Il camposcuola è davvero un luogo dove si dice, si parla, si ascolta, si gioca, ma è anche un’iniziativa nella quale SI FA, e il “FARE” si realizza attraverso i laboratori preparati e organizzati dai nostri animatori.
Si potrebbe quasi pensare che nell’era della tecnologia e dell’informatica tutte queste proposte risultino superate… ma ancor di più sia fuori luogo utilizzare gli stessi ragazzi per i servizi di buon andamento della casa (pulizie, cameriere, apparecchi/sparecchio, riordino). In realtà il “fare”, soprattutto se per rendersi utili, è un aspetto centrale per la vita della persona, tanto che molti giochi dei bambini richiamano i lavori e i servizi degli adulti.
Il lavoro manuale può essere accostato da molti punti di vista, ma da qualunque lato lo si voglia vedere esso ha però “una marcia in più” rispetto ad altre attività esclusivamente intellettuali .
Lavorare manualmente (non solo per i lavori di casa, ma anche inteso come lavoretti) significa progettare qualcosa, utilizzare il cervello e la fantasia, la creatività, la razionalità e cercare un metodo di realizzazione.
Lavorare manualmente significa anche sognare qualcosa come se fosse presente (vorrei una cornice, una sedia, un porta CD….e la vorrei in un certo modo, proprio come piace a me…) e proiettare su quel qualcosa il proprio gusto e le proprie aspettative. Infine realizzare un lavoretto manuale implica investirsi della responsabilità dell’opera: le mie mani affondano nella materia in modo tale che il mio pensiero e la mia creatività prendano forma e ciò che realizzerò sarà il frutto delle mie capacità e del mio impegno.